Memorandum per Roma
stato di attuazione dell’Agenda di Calma al 20 giugno 2012
ovvero
ciò che si sarebbe dovuto fare e non si è fatto
ciò che non si sarebbe dovuto fare e si è fatto
La Agenda della Mobilità è un documento di conclusione di una riflessione avviata a Roma subito dopo l’iniziativa, coordinata da Maria Pia Montesi, di risposta alle sollecitazioni contenute nel Libro Verde sulla mobilità urbana dell’Unione Europea. Percorso avviato con l’incontro “Roma soffoca nel traffico” (25 gennaio 2008 presso la Provincia di Roma), proseguito con la presentazione della risposta data alla Commissione nell’incontro del successivo 14 novembre sempre alla Provincia di Roma, cui è seguita la formulazione del documento, Agenda, avvenuta dopo una lunga serie di riunioni settimanali cui hanno partecipato persone e associazioni impegnate in vertenze sulla mobilità nel territorio romano Al termine delle discussioni, in data 15 Giugno 2009, i partecipanti hanno varato l’AGENDA ed hanno stabilito di volersi rappresentare con la sigla C.A.L.M.A. (Coordinamento Associazioni Laziali per la Mobilità Alternativa) e riconoscendosi liberamente nei suoi contenuti.
L’AGENDA è un documento in cui è descritto per grandi linee lo stato della mobilità urbana al momento della sua elaborazione (2009), sono indicati degli obiettivi da perseguire insieme agli ostacoli che occorrerebbe rimuovere per raggiungerli.
Il seguito di questo documento consiste nel riportare I diversi capoversi della AGENDA e di valutare se ed in che misura si sono rimossi gli ostacoli esistenti, e si conclude con una proposta di aggiornamento.
Agenda della mobilità
Il contesto. Un’idea di città differente
La situazione della mobilità a Roma e nell’hinterland di riferimento è estremamente drammatica, per il numero di veicoli a quattro e due ruote circolanti, per l’entità dell’inquinamento, per l’enormità dei morti e feriti da incidenti stradali urbani, per il tempo perso a causa della velocità di spostamento straordinariamente bassa, per la dimensione delle congestioni, in specie sulle vie consolari, per il degrado indotto nel patrimonio paesaggistico e storico ambientale, per la continua erosione di suolo e di aree libere, per le difficoltà frapposte alle normali attività quotidiane (spostamenti casa lavoro, casa scuola, erratici per le mille necessità di ogni giorno, uso del tempo libero). Con la conseguenza di un costo elevatissimo per la società, economico, ambientale, sociale e civile, e di una sostanziale inefficienza dei servizi collettivi.
La causa principale è stata da tempo individuata nella priorità di fatto concessa all’utilizzo di mezzi individuali di trasporto (auto e moto) che, se non limitato, impedisce qualsiasi miglioramento duraturo. Una politica della mobilità adeguata alla vita moderna richiede dunque una massiccia inversione di direzione, favorendo spostamenti di persone e merci mediante mezzi collettivi e riducendo drasticamente quelli individuali. Analogamente, il grande afflusso turistico va programmato e regolamentato in modo che la città non continui ad essere l’attuale garage per pullman.
Il problema deve dunque essere considerato nella sua complessità: intanto definendo correttamente lo spazio entro il quale agisce, che non può essere altro che quello metropolitano, contestualmente tenendo conto che le modalità dell’urbanizzazione complessiva potentemente determinano le forme di mobilità, conseguentemente innovando nelle politiche delle aziende pubbliche di trasporto, integrando la programmazione di area vasta e le strategie di finanziamento, suscitando scelte tecnologiche e infrastrutturali appropriate.
In sostanza si tratta di delineare un modello metropolitano differente dall’attuale, nel quale si affronti la realtà drammatica del pendolarismo e si corregga l’espansione a macchia d’olio della città, si effettui una decisa opzione a favore del trasporto su ferro e della mobilità dolce (bici e piedi), si imbocchi decisamente la strada dell’intermodalità, integrando le differenti forme di viaggio, si punti ad un ruolo centrale del trasporto pubblico locale adeguando linee, qualità e flessibilità del servizio. Nel lungo periodo ciò implica la capacità di modificare la forma della metropoli, con programmi di riqualificazione, con l’ individuazione di funzioni del territorio suscettibili di divenire poli di decentramento e decongestionamento, con l’adozione di nuove tecnologie che influiscano sulle modalità delle attività lavorative e sulle esigenze dell’abitare e delle
relazioni sociali, nonché sulle infrastrutture della città moderna, che non possono essere più le grandi opere autostradali. In particolare ciò è necessario per poter risolvere le questioni legate alla distribuzione delle merci e alla diffusione di mezzi di trasporto che riducano il loro impatto sull’ambiente
I passi a breve e medio termine che questa Agenda indica più avanti si inseriscono in questa prospettiva, tendono dunque a definire un processo di transizione verso una metropoli più vivibile e forme di mobilità più a misura del desiderio sociale di libertà e, insieme, di accessibilità ai beni e ai servizi essenziali per una vita in comune di qualità. In questo senso, elemento cruciale di questa proposta è l’individuazione di nuove forme di governo democratico che, oltre che assicurare ai cittadini una valutazione consapevole e informata dei programmi, garantiscano la partecipazione e costituiscano un’innovazione sostanziale nelle procedure di individuazione delle scelte e di controllo delle stesse. Chiamando comunità di utenti e di lavoratori a decidere su servizi essenziali e sulla loro gestione, quali sono quelli della mobilità metropolitana.
Dal 2009 ad oggi 2012 (3anni). E’ vero che (anche considerando il territorio “vasto” della metropoli) il numero delle auto in circolazione è diminuito e che percentualmente il numero di utenti del trasporto pubblico è aumentato. Ma ciò si deve alla grave crisi economica in atto.
Il trasporto pubblico su gomma circola ancora (soprattutto nel ristretto ambito del comune (Roma Capitale) in promiscuità con quello delle auto private, ed è servito da un diminuito numero di vetture con maggiore affollamento e disagio nelle stesse.
Autorevoli studi specialistici (v. Documento Isofor) mostrano che questo modello di mobilità, in generale, ed in particolare nelle aree centrali della città produce inquinamento, polveri sottili, danni conseguenti alla salute umana.
La rete di linee tramviarie, resta allo stato in cui si trovava nel 2009. Le linee 2 e 8 sono le uniche in corsia protetta (ora percorribile anche dai Taxi). La linea 14 corre in corsie solo parzialmente protette. La linea 3 continua ad essere servita da autobus sostitutivi in corsie solo parzialmente protette. La delibera di iniziativa popolare sulla tramvia Saxa Rubra EUR. Continua ad essere ignorata dall’Amministrazione.
La rete di ferrovie metropolitane già programmata è in parziale corso di completamento (Tratto orientale Metro C e prolungamento B1 pur con la riduzione delle zone servite).
Il tratto di attraversamento del Centro Storico si rivela irrealizzabile per vincoli, difficoltà tecniche, costi improponibili (sia a carico pubblico sia nella sciagurata ipotesi di scambio con beni comuni (Caserme Depositi ecc.) proposti da soggetti privati. Analoga situazione riguarda il tratto Ottaviano (…) Foro Italico. Mentre non viene proposto nessun approfondimento riguarda il tratto in direzione Cassia.
L’ipotesi di prolungmento delle linee B1 (in variante di PRG) e A (Casal Monastero) da realizzare con finanza di progetto è tuttora voluta dai governi in carica, ma è finalizzata pretestuosamente alla urbanizzazione di aree originariamente non edificabili, al punto di doversi raccomandare l’abbandono questi progetti per nuove line in quanto sono in contrasto con l’obbiettivo in Agenda dell’arresto del consumo di suolo.
Totalmente ignorata è allo stato attuale l’ipotesi di prolungamento della Metro B dall’EUR verso il territorio Metropolitano a Pomezia (in alternativa al raddoppio della strada Pontina, prioritariamente ed alternativamente prescelta dal governo della Regione).
Analoghe considerazioni riguardano la proposta di realizzazione della Linea D.
Per quanto riguarda il trasporto su ferro in superficie, anche in questo caso si registra un aumento dell’uso, dell’affollamento e del disagio nelle vetture in circolazione che si intende fronteggiare con l’aumento della capienza delle stesse nella immpossibiltà di aumentarne la frequenza non essendoci nessun programma di rafforzamento della rete (raddoppio binari, salvo le modeste eccezioni di Cesano e Guidonia). Nello stesso tempo sono state abbandonate e/o soppresse stazioni esistenti.
Assenza di un quadro strategico di riferimento.
Pesa l’assenza di un quadro strategico di riferimento, non potendosi più considerare di una qualche utilità il Piano urbano del traffico aggiornato dalla Giunta Veltroni, comunque fin dall’inizio inefficace nell’invertire le tendenze negative e ormai sorpassato dal PRG, e da altri provvedimenti, che hanno alimentato un rapporto devastante tra urbanizzazione spinta in ogni dove, consumo di suolo e mobilità. Il Piano provinciale è ancora in discussione ma non affronta il tema del rapporto tra Roma e il proprio hinterland. Le linee guida del Piano regionale non hanno dato finora luogo a significativi programmi di ammodernamento. Anzi il progetto di costruzione di una autostrada pontina testimonia che il Piano non vale di fronte all’interesse suscitato da finanziamenti dedicati.
L’annuncio, da parte della Giunta Alemanno, di una Piano strategico della mobilità è restato tale, mentre procedono scelte pasticciate e confuse, o inaccettabili in particolare per quanto riguarda i parcheggi e le linee metropolitane. Ma non solo, lo scandalo delle corsie preferenziali ormai tali solo di nome, e comunque ridimensionate nella loro valenza, la riammissione di auto individuali in zone dalle quali precedentemente erano in parte escluse, la restrizione degli orari delle Ztl, il progetto di un secondo grande raccordo anulare, il parcheggio di 1000 posti sopra la stazione Termini, il disinteresse per il sistema ferroviario testimoniano che le politiche effettive sono in continuità con la storia disastrosa della mobilità romana: segnata dalla prevalenza accordata all’utilizzo dell’auto e delle moto individuali. E ciò che pur viene ammesso, tecnicamente, non dà mai luogo ad una inversione delle politiche.
In particolare, in questo quadro frammentato, e inconcludente ai fini del riequilibrio a favore dei mezzi collettivi e dell’intermodalità, è intervenuta la legge su Roma capitale che amplia i poteri della città, ma mantenendoli rigorosamente nei propri confini. Come se i problemi di Roma non nascessero invece al di fuori di essi e come se tanti problemi della città non fossero risolvibili se non all’esterno dei confini amministrativi: la costruzione di adeguate piattaforme logistiche e di mezzi moderni e poco impattanti di approvvigionamento delle merci e il tema del pendolarismo non possono avere soluzione entro i confini della città. Ma la loro mancata soluzione determina gran parte dei problemi dei traffico delle periferie e del centro storico romano.
Analoga critica coinvolge il Rapporto della Commissione Marzano: classico esempio di racconto corretto nelle premesse che produce, non essendovi alcuna idea di città, gravi contraddizioni. L’invocato policentrismo comunale risulta asfittico se messo in paragone con la massa dei pendolari, non destinato dunque a limitare e razionalizzare gli spostamenti. Così l’accento sulle infrastrutture interne alla città si risolverà in una duplicazione e intensificazione limitata alle solite
tratte, senza influenza sul sistema. Non è un caso che vi sia enfasi sui progetti grandi stazioni, sui parcheggi, insomma sulla creazione, all’interno della città, di ulteriori punti di attrazione del traffico privato. Ma la prova conclusiva dell’assenza di ogni strategia è data dal suggerimento di mettere a bando le idee dei costruttori nei programmi di riqualificazione urbana. Non più una proposta pubblica di uso della città, ma la migliore idea dei costruttori, progetto per progetto!
Un punto di un certo interesse potrebbe essere l’accorpamento di Atac e Trambus, inizio della costituzione di un’azienda pubblica integrata. Anche qui, tuttavia, il problema è semmai la creazione di una grande azienda regionale che integri trasporto urbano e metropolitano e anche ferro e gomma, altrimenti la nuova azienda si troverà a fare conti impossibili di sviluppo della rete, soprattutto per collegare radialmente ambiti regionali, di connessione integrata, di qualità e flessibilità del servizio. La possibile privatizzazione, del resto, rappresenta una spada di Damocle non indifferente, sia perché la competizione interverrebbe con aziende europee ben altrimenti strutturate, sia perché nel caso dei trasporti locali liberalizzazione è sinonimo di privatizzazione e privatizzazione significa la disarticolazione tra programmazione e gestione dei servizi.
Il completamento dei procedimenti di approvazine del PRG e del PTP ha sancito, la improponibile separatezza del governo del territorio di Roma Capitale dal governo del territorio della provincia di Roma e del territorio vasto di gravitazione della Metropoli. Tale separatezza è fonte di impossibilità di concezione di un sistema di infrastrutture e di gestione del trasporto pubblico territoriale coerente e funzionale, e lascia l’onere di scelte infrastrutturali al Governo regionale che ha optato per il raddoppio della strada Roma Latina a scapito del potenziamento della rete ferrofiaria e Metro territoriale.
E’ proseguita l’attuazione del PUP Piano Urbano dei Parcheggi volto ad attrarre flussi di auto private a servizio di attività commerciali e turistiche (Pullmans turistici) delle aree centrali che stanno progressivamente espellendo residenti e stravolgendo la qualità di vita degli stessi.
Particolarmente grave appare la graduale conversione di tutto il complesso immobiliare della Stazione Termini in un gigantesco centro commerciale (ed eventuale mega parcheggio) con attrazione di auto in una vasta area centrale della città che dovrebbe essere invece servita da reti di trasporto pubblico, e assoggettata a disciplina ZTL.
La proposta
L’area entro la quale operare per costruire un sistema di mobilità adeguato è l’area metropolitana. E’ la dimensione entro la quale è possibile costruire l’alternativa alle circa 500mila auto circolanti da e verso Roma, decongestionando la città, l’integrazione tra le differenti modalità di trasporto, credibili soluzioni nella logistica, innovazioni quali la riorganizzazione del trasporto su ferro e la diffusione di tecnologie, e infrastrutture meno impattanti. E’ l’ambito entro il quale, liberando le strade da quote crescenti di traffico privato, si possono migliorare i servizi collettivi; ed entro il quale costruire, nel tempo, funzioni che rivitalizzino il tessuto territoriale in maniera meno squilibrata e più armonica con la storia, la cultura e l’ambiente, più aperta alle nuove attività.
La mobilità della città metropolitana, per evolvere nella direzione detta, richiede la definizione delle differenti esigenze, per riconoscerle e negoziarle in soluzioni realistiche e credibili. In questo senso la partecipazione attiva della popolazione è essenziale per individuare le diverse necessità di spostamento, organizzarle per quanto possibile, comprendere come possano essere comunque soddisfatti almeno i problemi più rilevanti. Di conseguenza la partecipazione consente di individuare le funzioni e gli usi del territorio, per valutare l’impatto sociale e ambientale delle scelte e per correggere tendenze che si rivelassero negative. Deve diventare pratica comune quella del dibattito pubblico sulle differenti soluzioni possibili di ciascun intervento, a cominciare dalla sua utilità.
Gli strumenti necessari per avviare l’azione di riorganizzazione prospettata, che peraltro richiedono volontà politica e non grandi costi, sono:
-la costituzione di un Centro unico di programmazione tra Regione Provincia e Comune, presso il quale sia costituita una Banca dati unitaria e aggiornata tempestivamente, in modo da permettere una conoscenza sempre maggiore della situazione di fatto e delle tendenze, nonché delle principali motivazioni di spostamento. Il Centro ha anche il compito di aggiornare l’Atlante degli usi del territorio e di costruire un bilancio integrato con il quale si possano valutare costi e benefici delle singole soluzioni e delle alternative;
-il superamento del finanziamento per progetto e la confluenza delle risorse finanziarie disponibili in una unico fondo relativo al trasporto metropolitano, per poter intervenire su priorità condivise e non in funzione del singolo finanziamento;
-la costituzione di una Azienda pubblica regionale, che comprenda anche le ferrovie, e la riforma delle modalità attuali mediante l’adozione di un piano industriale che potenzi le
linee, ma comprenda anche modalità più flessibili per mantenere un adeguato livello di mobilità (navette, car e bici sharing, chiamata a domanda). Regolamentazione del taxi per renderlo parte organica del sistema mediante obblighi di servizio pubblico assai più intensi, in relazione all’obiettivo nodale della flessibilità dell’offerta.
-Il potenziamento e la diffusione di strumenti di organizzazione della domanda: soprattutto i Mobility manager per tutte le aziende di rilievo, pubbliche e private, concentrando l’attenzione sia sugli spostamenti dei dipendenti che, laddove esista, sul pubblico di riferimento. L’esperienza del Mobility manager deve essere estesa anche a Municipi e a unioni di Comuni che non sono in grado di organizzare un efficiente sistema se isolati, ma lo possono essere se uniti, per esempio i comuni le cui popolazioni hanno una stazione come riferimento;
-L’adozione di un programma di modal split, ossia programmare nel tempo il raggiungimento di determinati obiettivi di utilizzo dei mezzi pubblici, collettivi, delle biciclette…e di diminuzione dell’uso dei mezzi privati. Il programma deve valere un numero congruo di anni (almeno 5) ed essere verificato annualmente nelle problematiche che mette in luce per poter eseguire messe a punto che consentano il raggiungimento degli obiettivi. Anche a tal proposito, e in generale per dare conto dell’intero sistema della mobilità, sulla scorta della Banca dati prima accennata, è necessario e utile produrre un Rapporto annuale sullo stato della mobilità metropolitana (libro bianco).
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Interventi immediati, o di breve periodo, anche simbolici delle caratteristiche di questa proposta e dell’idea nuova di città che la sottende sono:
-la chiusura dell’anello ferroviario a nord della città, con il relativo ponte sul Tevere;
-la riorganizzazione delle stazioni per favorire l’intermodalità e, quindi la modifica delle linee Cotral per servire prioritariamente le stazioni;
-il potenziamento del sistema ferroviario regionale;
-la trasformazione dei corridoi della mobilità provinciale in metropolitane di superficie;
-il prolungamento delle attuali linee metropolitane fino al GRA; -la creazione di aree di parcheggio di scambio al GRA in connessione con le linee su ferro;
-la sosta dei pullman turistici in tali aree di scambio;
-la creazione delle due linee tram: Saxa Rubra - Laurentina, tangenziale senza attraversamento della città, e Ostiense-Ponte Milvio nel lungotevere di sinistra, di collegamento con le linee su ferro esistenti e di servizio al centro storico e all’attività turistica;
-la ridiscussione del tratto Colosseo-Ottaviano della metro C, evitando l’attraversamento sotterraneo del centro storico e valorizzando le connessioni delle stazioni S. Giovanni, Colosseo e Ottaviano con le linee A e B;
-il prolungamento del tram 8 a Termini;
-sistemi tariffari integrati e programmi di infomobilità che consentano di ridurre i tempi di attesa, e permettano di organizzare meglio i propri itinerari mediante la conoscenza di tempi e modalità di viaggio;
-l’estensione massiccia e l’organizzazione a rete del sistema delle corsie preferenziali, con itinerari continui da capolinea a capolinea e anche la chiusura di strade ai veicoli privati per superare l’odierna assurda inefficiente situazione;
-la considerazione della bicicletta come il mezzo di trasporto individuale da favorire, annullando la marginalità indotta dalle piste ciclabili, che nel frattempo vanno comunque potenziate con l’adozione di programmi di spostamento modale (modal split). In ogni caso i principali percorsi della città, centrale e periferica, devono essere percorribili in bicicletta, ed essa deve poter essere portata in ogni mezzo di trasporto pubblico;
-analogo discorso vale per i percorsi pedonali, a cominciare dai marciapiedi e dalle fermate degli autobus che devono essere assolutamente sgombri, dalle fermate che debbono essere gradevoli punti di attesa, da itinerari che presentino la possibilità di percorsi ordinari (casa scuola per esempio); un punto particolare riguarda l’attenzione per i percorsi e il trasporto di disabili, attualmente difficilissimo per la sosta selvaggia;
-estensione di Zone pedonali, a traffico limitato, istituzione di isole a velocità drasticamente ridotta (10, 30 kmh); messa a punto di dispositivi di calmieramento della velocità,
-progettazione di nuove modalità tecnologiche di trasporto (elettriche, ibride…) e programmi infrastrutturali di sostegno.
Le opere di cui si può fare tranquillamente a meno, che simboleggiano la città invivibile e incivile che vogliamo lasciarci alle spalle sono:
- il parcheggio a Termini;
- l’autostrada Pontina (in alternativa la ferrovia Roma-Latina e il prolungamento della metro B a Pomezia);
- l piano parcheggi del Comune, devastante per l’ambiente urbano, così come lo era quello prospettato al Pincio, che l’attuale Giunta ha cancellato;
- la metropolitana D;
- ’attraversamento del centro storico da parte della metro C;
- la sostituzione del tram 3 con autobus, e l’eliminazione delle barriere del tram 2 invece della sincronizzazione dei semafori per ripristinare la velocità perdutasi in questi anni;
Le piccole opere sono migliori delle grandi opere per più profili, perché la maggiore rapidità della spesa ha più immediati effetti anticiclici e occupazionali; per gli impatti ambientali, e paesaggistici, in senso lato; perché gli effetti socioeconomici sono maggiori quando di ammoderna e migliora una struttura esistente.
Non è stato possibile affrontare adeguatamente problemi che pur sono essenziali, come la logistica, il sistema portuale e ferroviario, il finanziamento della città sostenibile, le scelte tecnologiche del prossimo futuro, le problematiche urbanistiche, le questioni politico-sociali del coordinamento tra viaggiatori e lavoratori delle aziende di trasporto, e tra associazioni dei pendolari e della città, l’interlocuzione con imprese, del commercio e dei servizi. Negli allegati sono contenute notizie e approfondimenti qui sintetizzati
Intendiamo aprire un dibattito nella città metropolitana sui temi dell’Agenda, potenziare le iniziative delle singole associazioni, approfondire i temi accennati e, soprattutto cominciare a dare vita reale al processo di trasformazione, con una pressione sulle Amministrazioni e con il contrasto deciso delle scelte attuali.
Ananke,Adiconsum Roma,”A.EDUC.A.” Associazione Educazione Ambientale,Associazione Diritti dei Pedoni di Roma e del Lazio, Associazione Nazionale Vialibera Onlus, Associazione Rete Nuovo Municipio IV, Assoutenti, CdQ Osteria del Curato, CdQ Passo del Turchino,Centro Mobilità Disabili di Pomezia, Comitato No Corridoio RM-LT, Comitato Strade Verdi,Comunità Territoriale X Municipio, Coordinamento Comitati Roma Sud e Difesa EUR, Coordinamento Entroterra 13° Municipio, Gruppo Mobilità Move Together, Isfort, Isis, Lega Consumatori Lazio, No Auto, Osservatorio Regionale Trasporto, Rete Civica Roma Nord Est, Rete Partecipativa del Municipio Roma XII, Roma Ciclabile, Roma Nord Est:Associazione Casa del Quartiere, Saluteambiente EUR, Tspoon:Infracittà,WWF Lazio,Massimo Attias, Mirella Belvisi, Paolo Berdini, Andrea Cortese, Diego De Gasperis, Cinzia Di Fenza, Marina Fresa,Chiara Ortolani, Bernardo Rossi Doria, Carlo Sessa, persone attive o esperte di problemi di mobilità.
Le condizioni istituzionali per la costruzione di un progetto organico e funzionale per la mobiltà della metropoli romana sono quelle della costruzione di un soggetto con giurisdizione in area Vasta. Tale soggetto è correntemente denominato “Area Metropolitana” e la sua istituzione prospettata anche nelle più recenti decisoni governative.
Il decreto approvato dal CDM in questi giorni non sembra chiarire i dubbi sul futuro assetto della cosiddetta area metropolitana. Una prima lettura del decreto . Salvo approfondimenti, esso lascia intendere che nell’ambito dell’area vasta il territorio circoscritto del comune Roma Capitale resterà articolato secondo un nuovo statuto, in municipi (in numero ridotto a 7 e con consigli composti da meno persone) mentre la Provincia conserverà l’ordinario assetto per comuni a pieno titolo. Anche se sembra che in futuro sarà l’intera area metropolitana ad essere governata dal sindaco/presidente di Roma Capitale con deleghe ad operare dallo Stato, dalla Regione, e dalla Provincia, in molte materie tra cui l’urbanistica, le infrastrutture ed i trasporti, l’ambiente tra cui la gestione dei rifiuti.
Molti interrogativi si aprono:
⁃ In materia di urbanistica l’urgenza di rielaborare integralmente il PRG di Roma ed Il PTP della Provincia in maniera da affermare inderogabilmente il principio, esteso all’intero territorio Vasto, dell’arresto del consumo di suolo, con scelte di assetto conseguenti.
⁃ In materia di gestione dei rifiuti con la generale estensione al territorio vasto del principio della raccolta differenziata.
⁃ In materia di infrastrutture e trasporti secondo gli indirizzi esplicitamente indicati dalla Agenda di CALMA.
Ne Decreto è fatta esplicita eccezione del codice dei Beni Culturali che sono affidati alla responsabilità del MBAC che interloquirà con Roma Capitale tramite la Conferenza Stato Regione con una sua speciale sessione.
Conclusioni
1 - la fine del commissariamento della città (voluto da Prodi Veltroni con lo specioso argomento di porre rimedio all’attentato alla vita degli abitanti dovuto al caos della mobilità, in realtà per costruire parcheggi, e proseguito da Alemanno), che trascina con sé il ben corposo intervento di privatizzazione del sottosuolo, di premio alle rendite immobiliari, di speculazione urbanistica. E’ un problema di democrazia allo stato puro, perché anche il Consiglio comunale, sostanzialmente assente o complice, non riesce neppure a formulare un indirizzo. Il riconoscimento pubblico del fallimento della politica commissariale prelude a una discontinuità di fondo nella gestione della città. Non più autoritaria ma democratica: lo spazio pubblico per organizzare non solo un disegno efficace di accessibilità alla città, sostenibile socialmente e desiderabile, ma la stessa gestione dei mezzi che ne consentano il decollo e il consolidamento.
2 - il riconoscimento del fallimento del cosiddetto Piano strategico della mobilità, dovuto all’inesistenza di una considerazione qualsivoglia che andasse oltre la realizzazione di quanto fosse già in cantiere o apparisse cantierabile. Qualunque infrastruttura fosse, indipendentemente dalla sua utilità, purché fosse alle viste un qualche proposito di finanziamento. Così si spiega l’attribuire a grandi eventi (Formula 1 o Olimpiadi) una funzione di rinnovamento della città, che ovviamente non hanno, e la parallela distrazione da quelli che sono i compiti di manutenzione e miglioramento della struttura “quotidiana” della città, la vendita della città al cemento e alle rendite (con l’uso del project financing, il finanziamento delle infrastruttura da parti di privati in cambio della crescita abnorme delle rendite immobiliari, ossia di una speculazione urbana devastante, un vero e proprio piano criminale contro la città). Una politica che continua a privilegiare l’uso della automobile, e delle moto, a discapito del trasporto pubblico e della mobilità dolce; una politica che trova in Roma capitale il suo limite poiché la mobilità riguarda un’area estesa oltre i confini della città. L’ organizzazione del trasporto, per il suo dipanarsi a rete nel Lazio, e non solo, nonché per la relazione che la lega alla distribuzione delle merci, al turismo, ecc. mette sotto critica Comune e Regione e chiede una alternativa democratica all’indebolimento della voce delle popolazioni. In ogni caso si pone il tema della partecipazione attiva e decisionale, ad esempio, di quel mezzo milione di pendolari che attualmente non hanno alcun peso nelle scelte.
3 - il riconoscimento del fallimento del piano regolatore e la necessità di porre un alt al consumo di suolo e sottosuolo e alla continua erosione di quel che rimane dell’Agro romano. Qui non c’è nulla da aggiungere alle analisi e alle proposte di tanti comitati e urbanisti. Si insiste su questi punti perché l’ammissione pubblica del fallimento di questi strumenti rende evidente la discontinuità con i partiti che hanno finora “governato” Roma. E, contestualmente, la definizione di un nuovo piano regolatore e di un nuovo piano della mobilità metropolitana dovrebbe consentire di perseguire i fondamentali obiettivi di una ricerca di qualità, di fonti di occupazione diffusa e di pregio, della dignità dell’abitare, della crescita culturale, e il rinnovamento della politica con una reale, e decisionale, partecipazione dal basso alla definizione delle priorità
4 - fare della riduzione drastica dell’inquinamento un tema centrale della battaglia di civiltà che vorremmo intraprendere per rigenerare la politica. La corrosione dei beni culturali, il degrado del paesaggio, la trasformazione del centro storico in un outlet, la tristezza delle periferie, il parallelo avvilimento delle relazioni tra le persone sono gli effetti collaterali dell’avvelenamento, del ferimento e della uccisione delle persone e della natura a seguito delle trasformazioni intervenute per effetto dell’urbanizzazione e della dissolvenza dell’abitare nell’ hinterland. La lotta all’inquinamento è destinata a mettere in luce la miseria delle politiche nazionali e urbane che fanno del rapporto con l’ambiente un sottosistema della rendita immobiliare e della produzione a fini di profitto. E’ una battaglia generale e comune per il cambiamento del paradigma sociale e la riconversione della città e del suo sistema produttivo, abbandonando il mito della “crescita”, ormai insostenibile per la vita stessa. L’inquinamento colpisce persone, animali, piante, pietre; è una potenza sterminatrice che può essere sconfitta se si riconoscono le mutue dipendenze tra piante, animali, persone, pietre attraverso una vera e propria rivoluzione culturale che sostanzi decisioni politiche di cambiamento. Contro il cinismo delle classi dirigenti e la miopia della politica main stream.
Calma, 20 giugno 2012